mercoledì 2 ottobre 2013

Ultima lettura: "L’amore è tutto: è tutto ciò che so dell’amore" di Michela Marzano


L’amore è tutto: è tutto ciò che so dell’amore

Autore: Marzano Michela
Dati: 2013, 206 p., brossura; 285,6 KB, ePub
Editore: UTET

"L'amore non dà tregua. È esigente.
 E basta un attimo per restare con il guscio vuoto 
di tutto quello che si è perso"

“L’amore è tutto: è tutto ciò che so dell’amore” è il nuovo libro di Michela Marzano, giovane filosofa, direttore del dipartimento di Scienze sociali alla Sorbona, che ha sollevato all’inizio della mia lettura non poche perplessità. Non perché non mi piacesse, ma semplicemente perché mi aspettavo altro. Mi aspettavo il classico saggio sull’amore, probabilmente sulla scorta della fama della Marzano, studiosa della Normale di Pisa, giovanissima affermata docente universitaria, commentatrice de La Repubblica e deputato del PD.
Photo HelenTambo on Instagram
Invece scopro che, rinunciando sempre al tono cattedratico e austero che spesso il saggista assume, già in precedenza l’autrice si era misurata con tematiche complesse come le dinamiche di oppressione femminile e sudditanza al potere maschile (“Sii bella e stai zitta. Perché l'Italia di oggi offende le donne”, Mondadori 2010) o come l’impatto che il consumo della pornografia ha sulle giovani generazioni (“La fine del desiderio”, Mondadori 2012), o ancora come il senso e il valore della fiducia negli altri nella società di oggi (“Avere fiducia. Perché è necessario credere negli altri”, Mondadori 2012). E scopro anche che Michela Marzano non è nuova al raccontarsi. Lo ha fatto anche con “Volevo essere una farfalla” (Mondadori, 2011), dove affronta il tema dell’anoressia mentale, a partire dalla sua esperienza.
A questo punto non è stato difficile comprendere il motivo per cui l’autrice sceglie di parlare d’amore utilizzando la sua storia personale come paradigma e partendo da Emily Dickinson, poetessa statunitense tra i maggiori lirici del XIX secolo, votata ad un amore platonico e infelice che le occuperà tutta la vita, della quale cita “Che l’amore sia tutto quel che c’è”.
Alla mia generazione non sono mancate le letture giovanili sul tema dell’Amore: Erich Fromm con “L’arte di amare” e Alberoni con “Innamoramento e amore” sono stati forse gli autori e le opere più letti e più discussi degli anni Ottanta; inoltre, da altre recenti letture in cui è citato, scopro che un po’ di argomenti di confronto sarebbero derivati anche da quel “Frammenti di un discorso amoroso” di Roland Barthes, che solo adesso mi appresto a leggere, insieme ad ”Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi” di Zygmunt Bauman, tanto per citare un testo più recente, presente nella bibliografia consultata dalla Marzano. E nella bibliografia di “L’amore è tutto: è tutto ciò che so dell’amore” sono presenti titoli di saggistica (i già citati Fromm, Barthes e Bauman , ma anche Marx, Kierkegaard, Nietzsche, Pascal) accanto ad autori di poesia e di narrativa (La Dickinson che ha suggerito il titolo a questo libro, Pavese, Stendhal, Valéry, Buzzati, Carrol), segno che Marzano ha trovato stimoli per la riflessione sul tema sia presso i filosofi che presso gli scrittori, cercando ovunque sostegno alle proprie teorie. Tuttavia Marzano trova che le numerose pubblicazioni filosofiche spesso non soddisfino pienamente l’esigenza di sapere di più dell’amore, che si limitino quasi esclusivamente alle distinzioni tra eros, philia e agape e che non abbiano le parole (o il coraggio) di dire semplicemente “che l’amore è l’unico rischio che vale la pena correre”.
Le sue teorie partono quindi principalmente dalla sua esperienza diretta, che racconta qui senza falsi pudori, aprendosi completamente e sviscerando reazioni, pensieri, dolori.
Ho quindi pensato di partire dalle note al libro che ho evidenziato sul mio ereader e sulle perplessità che mi venivano procedendo nella lettura. Perplessità che avevano origine dalla domanda “ma si può pretendere di parlare dell’amore in senso generico, pensando che la propria esperienza possa essere assunta da tutti come insieme di tratti universali”? e che erano destinate a sciogliersi, conclusa la lettura. Perché in effetti, se si parte da ciò che si sa bene perché si è vissuto, si troverà sempre qualcuno che si riconoscerà in ciò che si racconta.
Così Michela Marzano parte dai sogni di bambina, presto infranti contro il muro delle ferite, delle disillusioni, delle perdite. Procede con l’analisi dei comportamenti che è più facile assumere, coltivando aspettative destinate a restare deluse (”Forse non ci si dovrebbe aspettare proprio niente, visto che le cose più belle accadono sempre all’improvviso”) e recriminazioni che non portano nulla (“Perché lui non c’è. Oppure c’è, ma non ascolta. Oppure ascolta, ma non capisce”: quante donne non l’hanno mai pensato del proprio uomo? Ma “noi donne siamo spesso ridicole. Talvolta patetiche”). Continua, Michela Marzano, con l’esaminare l’immaginario, le lenti deformanti con le quali l’amante vede l’amato, con la paura della perdita che tiene vivo un rapporto (“Ed è proprio quando non si ha più paura di perdere la persona amata, che l’amore si spegne” e forse è vero, ma sarebbe bello poterne discutere: la provocazione, lanciata su Twitter durante la lettura, ha sollevato un piccolo dibattito), con le zone d’ombra che ogni rapporto amoroso porta con sé.
Un aspetto estremamente interessante riguarda il dissenso, la possibilità di riconoscere all’altro il diritto di mandarci a quel paese ogni tanto, perché ciò non toglie nulla all’amore che prova per noi. E ancora quella capacità, credo prettamente femminile, di piegarsi alle esigenze di libertà dell’uomo, di accontentarsi anche delle briciole del tempo che lui può dedicarci (“Lo guardo in silenzio mentre il cuore impazzisce dentro. Un silenzio lungo un’eternità. Prima di dirgli che mi accontento di poco. Che va bene lo stesso. Che sto bene anche da sola.”).
L’autrice passa in rassegna i suoi dubbi, i suoi timori e le sue insicurezze di giovane adulta che si interroga anche sulla maternità, sull’amore di una madre per il proprio figlio, con una domanda ricorrente: “Ma se poi ho un figlio mi devo alzare presto per accompagnarlo a scuola, vero?”, come se non avere voglia di farlo possa diventare motivo di disapprovazione da parte degli altri.
La scrittura di Michela Marzano avanza linearmente, a seguire il flusso delle riflessioni, che si affacciano alla mente conseguentemente l’una all’altra. Torna sui concetti, come se ci ripensasse via via che si presentano nuovi aspetti da sviscerare. E questa giustapposizione di pensieri procede per frasi nominali, brevi e contrapposte come idee puntuali alle quali dare voce immediata, senza studiarne troppo la resa retorica, anzi, senza alcuna retorica, semplicemente mettendosi a nudo e facendosi riconoscere.

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