giovedì 16 febbraio 2017

"Il nido" di Tim Winton

Ti amo, mormorò lui. 
Smettila! 
Scusa. 
Dio, sei proprio un tipo strano. 
Immagino di sì. 
E l’amore non aiuta. Credimi. 
Ma Keely non poteva crederle. Anche se i fatti le davano ragione, non poteva rinunciare a quell’ultimo brandello di fiducia. L’amore, da qualche parte, doveva servire a qualcosa, altrimenti davvero si sarebbe buttato dalla finestra. 

Un incontro casuale cambia la vita a Tom Keely, attivista ambientalista che, perso il lavoro e divorziato dalla moglie, trascina un'esistenza senza scopi. Gemma e suo nipote Kai lo costringeranno a diventare di nuovo protagonista, nel tentativo di risolvere la vita sbagliata della donna e di salvare il futuro del bambino. 
Eppure all’inizio non sono altro che “una donna sola. Un bambino senza amici. E un uomo allo sbando”, le cui esistenze però finiranno con l’intrecciarsi fino a farli diventare necessari gli uni agli altri, nonostante le intenzioni vadano altrove. Soprattutto Tom da subito è contrariato (“Pensò a quanto si era impegnato, negli ultimi mesi, per garantire la sua privacy, in modo che nessuno, amico o nemico che fosse, potesse venire a commiserarlo, a sfotterlo, ad accusarlo, a fargli la predica, a provocarlo o a metterlo sotto interrogatorio. Era l’unica cosa, tra tutte, che non lo deprimeva fino alla nausea. E adesso si ritrovava in cucina quella donna, quella persona quasi sconosciuta, che si mangiava la sua cena e gli dava pure dello snob. Era arrabbiato con se stesso, furioso per aver commesso un errore così gigantesco, consentendole di entrare nel suo appartamento, nella sua testa, nella sua vita del cazzo.”), lui così chiuso, nascosto dietro l’odio verso se stesso, in attesa di assolversi, considerando un errore, un grande errore, la sua stessa vita. 
Abituato alla logica della sconfitta, a rischio di una deriva di autocompatimento, mantiene pochi contatti con la sorella e la madre, nel ricordo di un padre la cui personalità ingombrante ha in qualche modo condizionato il suo esserne diverso, discosto da quel modello a suo modo irraggiungibile (“Malgrado tutti i trionfi di Keely come attivista, le foreste che era riuscito a salvare, gli scarichi abusivi che aveva denunciato e le specie che aveva protetto, di lì a trent’anni nessuno avrebbe più parlato di lui. Mentre suo padre aveva varcato i confini della propria classe di appartenenza, rifiutando di adeguarsi allo stampo della sua generazione”). 
A smuovere Tom dall’apatia e dalla rassegnazione arrivano quindi Kai, bambino con il quale la comunicazione è difficoltosa, a meno che non gli si parli di pennuti, e sua nonna Gemma, bellezza sfiorita di poco più di quarant’anni che ha in custodia il nipotino, mentre la sua giovanissima figlia si trova in carcere. Il pericolo di perdere il bambino costringe Gemma a una serie di iniziative che coinvolgeranno Tom, a cui lo legano i ricordi di un’infanzia infelice che nella famiglia di lui aveva trovato conforto e un’attrazione ondivaga, fatta di desiderio che si accende repentinamente, per trasformarsi altrettanto rapidamente in avversione. 
Diviso in tre parti, la prima più lunga delle altre, il romanzo va in crescendo: ha un inizio lento, in linea con il ritmo delle giornate del protagonista principale, e una buona metà si concentra sulla descrizione del tempo che quest’uomo trascorre, in mezzo ai piatti sporchi che accumula nel lavandino, indolente al punto da vivere in una specie di limbo sudicio e soffocante, uscendo lo stretto necessario, per arrivare al massimo al caffè di Bub vicino casa; il ritmo si fa incalzante nelle due parti successive, quando il ruolo di Gemma e delle vicende in cui trascina Tom si fa preminente e fino alla fine coinvolge il lettore in una girandola di disavventure che si fanno sempre più inquietanti. 
Lo stile dello scrittore australiano è serrato, il linguaggio essenziale, i caratteri dei personaggi, delineati precisamente, si stagliano in un paesaggio squallido come solo certi complessi residenziali di scarso valore urbanistico possono essere e la voce di chi è ai margini si erge prepotente, chiedendo attenzione. 
La capacità mimetica dell’Autore consente al lettore di immergersi totalmente nelle vicende narrate, tanto che restare indifferente alla potenza di personaggi diventa impossibile, nonostante nulla abbiano di eroico e nulla solletichino dell’immaginario. 
Non stupisce che The Times abbia definito “Il nido” un grande romanzo e Tim Winton un grande romanziere. 
Photo HelenTambo on Instagram




Il nido 
Autore: Tim Winton 
Traduttore: Stefano Tummolini 
Dati: 2017, 442 p., brossura 
Editore: Fazi (collana Le strade) 
Prezzo: € 19,50 
Giudizio su Goodreads: 5 stelline

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