venerdì 27 gennaio 2017

#LaTregua: Primo Levi, una lettura con TwLetteratura

Di seicentocinquanta, quanti eravamo partiti, tornavamo in tre. 
E quanto avevamo perduto in quei venti mesi? 
Che cosa avremmo ritrovato a casa? 
Quanto di noi stessi era stato eroso, spento? 
Ritornavamo più ricchi o più poveri, più forti o più vuoti? 

Conservavo da anni l’edizione del 2003 di “La tregua” di Primo Levi, inserita nella collana I grandi romanzi italiani, di RCS Libri per il Corriere della Sera. L’edizione originale risale al 1963 presso l’editore Einaudi -che continua a proporla-, e i dati che inserisco qui sono relativi all’ultima edizione, quella che hanno acquistato i miei alunni per leggerla con TwLetteratura.
L’occasione di conoscere questo importante libro di Primo Levi, considerato il suo capolavoro anche se probabilmente è più famoso “Se questo è un uomo”, per l’appunto è arrivata con il progetto che la comunità di TwLetteratura ha proposto, con un fine che va molto al di là della semplice lettura di questo doloroso racconto autobiografico e che risiede in una riflessione più ampia sul dramma dei migranti di ieri e di oggi. 
Il risultato dell’esperienza appena conclusa sono 127 classi distribuite in 51 scuole, sparse in 31 città, un bel numero di ragazzi, a cui si aggiungono i loro insegnanti e tutto il resto dei lettori svincolati dalla scuola, che hanno animato profondi momenti di condivisione, racchiusi in una serie di raccolte di tweet consultabili qui
‘Romanzo picaresco’ è stato definito e probabilmente così si può considerare davvero: il racconto di un ritorno, il diario del viaggio che, dopo l’internamento ad Auschwitz, Primo Levi affronta verso Torino, verso casa. Non solo biografia, ma racconto corale, dove varie umanità si incontrano in uno scenario che è distruzione e desolazione, fame e freddo, noia e incertezza, trovate ingegnose e arte di arrangiarsi, avventura e timori in un’Europa in rovina, attraverso un percorso tortuoso che tocca la Russia, la Romania, l'Ungheria, e infine l'Austria. 
Più volte, leggendo e provando a immaginare spazi e tempi, il freddo e l’umidità, ci siamo chiesti, io e i miei alunni, che sapore avrà avuto, una volta a casa, il cibo di nuovo disponibile sulla mensa, diverso da quello razionato dei campi profughi. Che sensazione sarà stata quella di riposare di nuovo tra candide lenzuola, su confortevoli materassi, finalmente al caldo. Come è possibile che sia tanto difficile riconoscere il privilegio di godere di piccole cose, quasi scontate, che anche oggi, molti non possono avere? Queste e molte altre sono le domande che si affacciano alla mente, a distanza di oltre settanta anni dagli avvenimenti narrati da chi dall’inferno è uscito ancora vivo, nel tentativo inutile di capire ciò che difficilmente si può anche solo immaginare: se da tanto tempo le domande sono sempre le stesse e se forte è il dovere di ricordare anche ciò che non si riesce a comprendere nelle sue ragioni più profonde, ancora di più oggi è importante riflettere sulle condizioni che opprimono molte popolazioni, in diverse parti del mondo dove si combattono guerre e si consumano massacri di innocenti. 
Non è quindi difficile capire perché leggere oggi “La tregua” assuma un valore particolarmente importante. La risposta la danno gli stessi amici di TwLetteratura, ed è la risposta contenuta nella domanda che hanno posto ai lettori e ai “riscrittori” di Twitter e Betwyll: “Che cosa accomuna il viaggio che Primo Levi dovette compiere nel 1945, di ritorno da Auschwitz verso Torino, attraversando in nove mesi una decina di paesi europei, con il viaggio dei rifugiati che oggi scappano dalla guerra in Eritrea, in Siria o in Afghanistan, o con il viaggio dei migranti che abbandonano l’Africa o il Medio Oriente alla ricerca di un luogo in Europa in cui costruire il futuro? Non certo le ragioni del viaggio, poiché quello di Levi fu un viaggio di ritorno dalla deportazione e dall’internamento, mentre quello dei rifugiati e dei migranti di oggi è un viaggio di andata; bensì, la speranza di giustizia.” 
C’è una comunità di intenti che unisce l’esperienza passata a quella attuale: la speranza e la sete di giustizia, la fuga definitiva dall’orrore, che si chiami ritorno o andata. 

Photo Elena Tamborrino




La tregua 
Autore: Primo Levi 
Dati: 2014, 278 p., brossura (prima ediz.originale 1963) 
Editore: Einaudi (collana Super ET) 
Prezzo: € 12,00 
Giudizio su Goodreads: 5 stelle

mercoledì 18 gennaio 2017

"Vie d'uscita" di Rita Lopez

Ho odiato a morte il Libertà ma, 
mi colpisca un fulmine se non è vero, 
l’ho anche amato pazzamente 

Sono condensati in queste poche parole i sentimenti che legano Rita Lopez alla sua Bari, o meglio, al quartiere Libertà, ai margini del centro elegante della città, tra il mare e la stazione ferroviaria: un quartiere difficile, coacervo di umori che si annidano nella micro e macro criminalità, snodo di vicende che vedono convivere anime diverse, con destini variegati, con memorie, aspirazioni e sogni disperati.
Non solo: il Libertà, quel Libertà tanto odiato almeno quanto amato, nei racconti della Lopez è culla di una generazione divisa tra il passato, prepotente negli sguardi e nelle parole di nonni e genitori, e il presente, fatto di un'affermazione personale, lontana fisicamente dal luogo di origine, ma forte nei legami di sangue che superano le distanze e si completano con gli amici di oggi. 
Le memorie di bambina e di adolescente fanno da comune denominatore a tutte le sette storie che Rita racconta e nei ricordi c’è sempre un elemento che rappresenta la via di fuga, il modo per salvarsi l’esistenza e questo è la musica: di diverso genere, di diverse epoche, tutta la musica che Rita Lopez racconta, segna momenti e persone, consola, accompagna nella vita, aiuta a crescere. 
Forte è l’elemento autobiografico che riecheggia nella pianola elettrica del nonno, e prima ancora nella chitarra e nella tromba e nella fisarmonica che gli aveva sentito suonare, in quel “Selling England by the pound” dei Genesis mandato al massimo volume mentre si puliva il teatro parrocchiale dove “un esercito di adolescenti” avrebbe tenuto uno spettacolo tutto suo, nell’opera lirica al Petruzzelli con la zia Teresa che, in quelle serate al palco si svestiva della sua vita per indossare quella delle eroine del melodramma, trasfigurandosi in esse. E ancora in quel rock che, insieme al pane duro, era l’ingrediente principale delle giornate nella casa dello studente, a Roma. 
Ma non è solo ricordo della propria vita, dei momenti fatti di oggetti, persone, odori, sapori, rumori del quartiere, è anche il risuonare di altre storie, magari sentite da ragazzina, raccontate dai grandi: e allora conosciamo “Marianna della radio”, la vedova che lavora come operaia alla manifattura tabacchi e lì canta, anche se è proibito perché distrae; e ancora Davide, il figlio di Filippo che per colpa degli altiforni di Taranto ci stava rimettendo la vita e per fortuna suo figlio no, ché quello si era salvato con la musica, con lo studio. E infine Elettra e Sara, due compagne di scuola diverse per estrazione e vita, accomunate dal piacere della musica, Springsteen vs Bach, in uno scambio che è paura del confronto e gioia nel riconoscersi, in fondo, molto simili. 
Tutti i racconti di Rita Lopez, per quanto disuguali in alcune scelte tecniche –il racconto in prima persona o in terza persona; le epoche e le ambientazioni, non solo Bari ma anche Roma e Taranto- sono accomunati da uno stile ritmato, fatto di frasi brevi, anche brevissime e dal ricorso ad espedienti retorici, ad esempio la ripresa anaforica, che danno un andamento quasi sincopato ad alcuni passaggi e che fanno della prosa quasi poesia, oltre che l'uso del dialetto, da cui non si può prescindere. 
Un esordio che personalmente attendevo, conoscendo da tempo Rita e la sua scrittura, finora relegata nelle belle pagine del suo blog, Rita Lopez, Storie e altro (gli Dei. Gli eroi. Le donne egli uomini.) aperto forse un po’ per caso e sicuramente dietro insistenza di chi le diceva “sei pazza a scrivere le tue cose su Facebook e lasciarle a disposizione così, apri uno spazio tuo, solo tuo” e aspettava che qualcun altro si accorgesse di quanto è brava, ché certo sarebbe successo. Ed è successo. 
NB. Ho scritto questa recensione ascoltando questo
 
Photo HelenTambo on Instagram



Vie d’uscita 
Autore: Rita Lopez 
Dati: 2016, 88 p., brossura 
Editore: Florestano Edizioni 
Prezzo: € 10,00 
Giudizio su Goodreads: 5 stelline

giovedì 12 gennaio 2017

"Mary Lavelle" di Kate O'Brien

Fu uno sguardo fuggevole e decoroso, 
un ricordo, irreale quasi, 
nel suo battito unico e reciproco, 
e diede a entrambi un’illusione di tenerezza e d’irruenza. 
Si sarebbero conosciuti in seguito, 
non senza riluttanza, tormenti e proteste.

Tra i tanti modi in cui è possibile descrivere l’attimo in cui avviene un colpo di fulmine, questo mi sembra tra i più delicati, nella scelta delle parole, in particolare degli aggettivi fuggevole e decoroso che quasi suggeriscono la pudica inevitabilità di quanto sta per accadere a Mary Lavelle, giovane miss irlandese che presta il suo servizio di istitutrice presso la facoltosa famiglia degli Areavaga nella Spagna del 1922, e Juanito, aitante e romantico rampollo della famiglia. 
Il loro è un amore impossibile: a dividerli c’è prima di tutto l’ostacolo del matrimonio di lui, contratto appena due anni prima con la bella Luisa, e poi la diversità di condizione sociale, che a quei tempi e in una società conservatrice come quella spagnola, non poteva che essere determinante. 
A Cabantes, il piccolo villaggio di pescatori dove sorge Casa Pilár, in una zona residenziale che presto diventa di moda per gli abitanti della vicina Altorno, ritenuta più chiassosa e caotica, Mary trascorre quello che considera un periodo transitorio della sua vita, in attesa di rientrare in Irlanda e sposarsi: non sa ancora quanto il suo soggiorno in Spagna segnerà il suo destino. 
Nell’ultracattolica Spagna e nella famiglia dove la giovane e bellissima istitutrice si occupa delle ragazze Pilár, Nieves e Milagros, una relazione come quella che infiammerà Mary e Juanito non può che destare scandalo e sono queste le resistenze che soprattutto la ragazza avverte nella sua coscienza, dove ha già risolto in realtà il conflitto che riguarda il suo fidanzamento con John, che la attende a Dublino e che lei sente di non amare più, già dai primi tempi della sua permanenza nella villa degli Areavaga, nei Pirenei.
Oltre ad occuparsi dell’educazione delle giovani Areavaga, alle quali in particolare insegna la lingua inglese, Mary nel tempo libero frequenta un gruppo di miss irlandesi, anche loro, come lei, in servizio presso famiglie della zona: donne diverse, di varie età e temperamenti, che si riuniscono abitualmente nello stesso locale per spettegolare tra di loro, fumare una sigaretta in compagnia e bere insieme una tazza di tè. 
Gran parte del romanzo parla della Spagna: i paesaggi sono descritti con molta accuratezza, e così le usanze e i riti particolari, come lo spettacolo della corrida, al quale Mary assiste non senza turbamento, ma anche subendone il fascino. 
Non è solo la costa atlantica dei Pirenei a entrare nel racconto, ma anche Madrid, dove Mary accompagnerà le ragazze in visita alla Tia Cristina, e i luoghi della terra basca dove si incontra di nascosto con Juanito, dal momento in cui la passione tra i due irrompe in maniera incontrollabile.
Alcuni personaggi sono definiti in modo da entrare nell’immaginario del lettore senza poterne più uscire, pur non rivestendo ruoli da protagonista: così Don Pablo, il padrone di casa, dolente figura, vittima delle convenzioni cui ha dovuto cedere sposando Consuelo -che poi in realtà si rivelerà donna sensibile e devota-, che sente verso Mary un trasporto inconfessabile e che intuisce per primo il legame che si è instaurato tra suo figlio e la giovane istitutrice. E poi Agatha, la collega di Mary che le rivelerà, senza falsi imbarazzi, di provare un’attrazione particolare nei suoi confronti e di provare sentimenti certamente non semplici da confessare e da vivere alla luce del sole per quei tempi. 
Il romanzo tocca argomenti decisamente anticonvenzionali per l’epoca in cui venne scritto e pubblicato, tanto da essere immediatamente censurato con l’accusa di immoralità: l’indipendenza della donna, l’amore adulterino, l’attrazione omosessuale, i vizi sconci di un anziano religioso sono temi scottanti che nel 1936, anno della prima pubblicazione di “Mary Lavelle” non potevano che destare scalpore. 
Ha reso giustizia a questo romanzo coraggioso -e anche ingenuo nel racconto della passione che scoppia impetuosa tra la protagonista e Juanito-, la Virago Press, casa editrice britannica specializzata in scritture al femminile, che l’ha pubblicato nel 1984. In Italia arriva nel 2016, grazie a Fazi, da qualche anno impegnata alla riproposta di grandi romanzi del passato nella collana “Le strade”. 
“Mary Lavelle” è una storia d'amore e di vita appassionante in una Spagna assolata e densa di umori, bellezza, convenzioni e trasgressioni: non può che conquistare i lettori, trasportandoli nelle arene infuocate, nei boschi dei Pirenei, nei porticcioli della costa, nei caffè rumorosi e densi di chiacchiere e risate. 
 
Photo HelenTambo on Instagram





Mary Lavelle 
Autore: Kate O’Brien 
Traduttore: Antonella Sarti 
Dati: 2016, 334 p., brossura 
Editore: Fazi (collana Le strade) 
Prezzo: € 18,50 
Giudizio su Goodreads: 4 stelline

venerdì 6 gennaio 2017

"Amore" di Inoue Yasushi

Il sole autunnale spargeva lungo quella strada tranquilla, 
dove non passava nessuno, la sua luce fredda e limpida. 
Il vento faceva ondeggiare i boschetti di bambù sul ciglio della strada. 
Uomi e Mitsuko camminavano fianco a fianco in quel vento e in quella luce, 
che brillavano come a Tōkyō sarebbe stato impensabile. 

In quest’ultimo giorno di festa parlo di un libro che mi è arrivato in regalo poco prima di Natale, quasi a chiudere una parentesi. 
A volte i libri ci si presentano nei modi più imprevedibili: capita che un amico parli di una lettura fatta e di uno scritture di cui dice di voler leggere tutta la produzione per quanto gli è piaciuto il libro letto, capita di fidarsi molto di quell’amico e, pur non conoscendo minimamente lo scrittore di cui parla in termini così entusiasti, di scegliere di metterlo nella propria whislist, capita che quella wishlist si trovi pronta per un bellissimo gioco inventato da Maria Di Biase per i suoi Scratchreaders (uno scambio di libri sotto Natale), capita che una persona praticamente sconosciuta selezioni proprio questo titolo, “Amore” di Inoue Yasushi, nella lista dei dieci proposti, per farmelo recapitare in dono. 
Insomma, una serie di circostanze fortunate e casuali hanno fatto in modo che conoscessi solo un frammento della vasta produzione di questo autore giapponese, giornalista, poeta e critico d’arte (Inoue Yasushi, 1907 –1991), sufficiente però a farmi immergere in un’atmosfera incantata, tra paesaggi tipici di un Giappone simile a quello che ricorre in tutti i romanzi ambientati in questa regione orientale, come già ho avuto modo di dire a proposito di Yasunari Kawabata e di altri autori giapponesi. 
Si tratta di tre brevi racconti che dimostrano come programmare nei minimi dettagli la propria esistenza sia suscettibile delle incognite del destino e come l'amore trovi la sua manifestazione nei modi più imprevedibili. 
Ciascun racconto ha uno scarto sul finale, del tutto sorprendente: che si tratti dell’incontro tra due aspiranti suicidi in un piccolo albergo incastonato su una scogliera, dove due solitudini disperate e determinate a concludere la propria esistenza in fondo al mare sono destinate a riconoscersi l’una nell’altra, oppure del racconto di una luna di miele in cui le memorie del passato del marito si intrecciano ad un presente rassicurante, salvo le titubanze della giovane moglie, che si svelano alla sua coscienza tra la “fredda bellezza” delle rocce di un giardino d’inverno, oppure ancora della storia di una vincita eccezionale capitata a due sposi assai tirchi, tanto da non saper riconoscere il piacere di un tempo inutilmente speso in un viaggio, ai loro occhi troppo costoso, finché sarà troppo tardi per pentirsene, la narrazione scorre fluida fino alla rivelazione finale, racchiusa in una sola frase risolutiva. 
Sembra essere questa la cifra dell’Autore: una paziente costruzione di descrizioni, dialoghi, sequenze introspettive che sembrano condurre a una conclusione facilmente consequenziale, se non fosse invece per il finale spiazzante. 
È stata una lettura sorprendente, capace di trasportare in ambienti e situazioni lontane anche per il modo di pensare e di porsi rispetto alla vita, straniante per la mentalità realista e disincantata tipica del nostro Occidente. 

Photo HelenTambo on Instagram


Amore 
Autore: Inoue Yasushi 
Traduttore: G. Amitrano 
Dati: 2006, 118 p., brossura 
Editore: Adelphi (collana Piccola Biblioteca) 
Prezzo: € 10,00 
Giudizio su Goodreads: 5 stelline