mercoledì 30 dicembre 2015

Un anno carico carico di libri


Photo Elena Tamborrino
Come lo scorso anno dedico l’ultimo post di dicembre al bilancio delle letture fatte e inizio subito col dare i numeri: 80 libri letti (uno in meno dello scorso anno, ma ero certa che fossero dieci in più, mi ha imbrogliato la ‘sfida’ con me stessa proposta da Goodreads, che fissava il traguardo a settanta libri, perché –ci ho pensato dopo- non aveva inserito i titoli già presenti nella mia libreria virtuale e riletti nel corso dell’anno), di cui 18 in e-book. Ecco, qui registro una controtendenza: invece di aumentare, il numero di e-book è sensibilmente diminuito (ben undici in meno dello scorso anno), perché alla fine continuo a perseverare con la smania del possesso dell’oggetto libro. A parte l’attaccamento al libro di carta (ovviamente vi risparmio il discorso del fascino dell’odore della carta, perché lo trovo insulso e falso) che sembrerebbe fine a se stesso, in realtà trovo più comodo risfogliare il libro piuttosto che l’e-book; inoltre una disavventura con l’account di Adobe (il software che consente di leggere gli e-book protetti con DRM) mi ha fatto perdere la gran parte degli acquisti digitali che non ho più potuto recuperare da BookRepublic (questo è anche il motivo per cui i pochi e-book acquistati da un certo momento in poi li ho presi esclusivamente su Amazon, da cui è sempre possibile recuperare ciò che hai regolarmente pagato).
Non c’è quest’anno un autore più letto di altri, se si fa eccezione per Elena Ferrante della quale (del quale?) ho completato la quadrilogia de “L’amica geniale” iniziata nel 2014 (a proposito, questi libri li ho solo in e-book, ma spero di acquistarli in cofanetto prima o poi, in fondo il mio compleanno è tra poco più di un mese). Ho seguito le ultime uscite degli scrittori che leggo da tempo e che acquisto a scatola chiusa, come Ammaniti, Camilleri, Manzini; ho fatto scoperte interessanti, di cui ho parlato in post dedicati, come Salvatore Satta, Anne Fine, Jenny Offill, Dorothy Baker, Giorgio Manganelli.
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“Infinite Jest” di David Foster Wallace (di cui che avevo letto solamente “Una cosa divertente che non farò mai più”) e “I fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoevskij sono state le imprese titaniche portate a termine grazie al sostegno del gruppo di lettura Scratchmade di Maria Di Biase: non so se di Wallace leggerò altro, so per certo che mi aspetta l’opera omnia di ‘Dosto’ e anche gli altri russi (magari non tutto di tutti, ma quasi: diciamo che sto andando in fissa).
L’editore più presente nel mio elenco quest’anno è Einaudi (17), seguito da Mondadori (7), Adelphi (6), e/o e Sellerio (5), Feltrinelli e Bompiani(4), Sonzogno, Rizzoli, minimum fax, Skira (2).  Anche quest’anno mi è capitato di leggere libri particolari, piccole chicche editoriali che si possono trovare spesso solo se cercate attentamente o se si capita a Roma a dicembre alla fiera della piccola e media editoria, PiùLibriPiùLiberi: così ho letto libri editi da NN Editore, Marcos y Marcos, Ėxòrma, CaratteriMobili, :duepunti edizioni, Zandegù.
Quest’anno credo di aver lasciato a metà solo un libro, “Sei la mia vita” di Ferzan Ozpetek: una lunga narrazione in cui il regista turco, ormai italiano d’adozione, si rivolge all'amato compagno, raccontandogli la sua vita passata, gli incontri e i luoghi prima e durante la loro felice convivenza. Un racconto infarcito di continue dichiarazioni d'amore (al limite del melenso), di episodi che riguardano la vita degli amici del regista (magari anche chi se ne importa, o no?), le cui uniche parti da salvare sono quelle in cui si capisce che molto dei film di Ozpetek nasce dalla vita vera: esiste la terrazza dei pranzi domenicali di "Le fate ignoranti", esiste l'anziano colpito da amnesia che trova rifugio nella casa di Giovanna Mezzogiorno ne "La finestra di fronte". Noioso e faticoso, della serie “non tutte le ciambelle riescono col buco”, conferma che si può essere grandi registi, ma realizzare un film di successo, in cui oltre al regista e al soggetto ci sono gli attori, la fotografia, i costumi, le scenografie, la colonna sonora, è altro dallo scrivere un libro.
Nel caso invece de “L’uomo in rivolta” di Albert Camus, per il momento messo da parte, mi sono fermata all’introduzione, rimandando a tempi migliori la lettura.
Mi è piaciuto molto rileggere qualche libro che fa parte del mio repertorio di letture giovanili: oltre al Pinocchio di Collodi in edizione integrale, sono stata contenta di rileggere “Il sentiero dei nidi di ragno” di Calvino, “L’Agnese va a morire” di Renata Viganò, “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde, “Una storia semplice” di Sciascia.

Qualche parola in più la vorrei adesso spendere per qualcuna delle 17.188 pagine lette quest’anno:
“Guanti bianchi” di Edgarda Ferri: è la cronaca romanzata dei tre giorni che seguirono l’attentato di Sarajevo in cui il 28 giungo 1914 persero la vita l’erede al trono dell’impero asburgico Francesco Ferdinando e la sua sposa morganatica Sophie Chotek. Ne ho parlato già qui ma mi fa piacere ritornare a segnalare questo libro, per la storia che racconta (l’organizzazione delle esequie, il viaggio che le salme di Francesco Ferdinando e Sophie fecero dalla Serbia all’Austria, passando da Trieste, allora asburgica) e per come Edgarda Ferri la racconta. Per mesi l’immagine della bara di Sophie, così come la Ferri descrive la scena -anche se le immagini d’epoca sembrerebbero dire altro-, poggiata a terra e lontana da quella del marito che invece era innalzata su un sontuoso catafalco, mi ha fatto pensare a come la ragion di Stato sia stata più forte dell’amore.
“Atti osceni in luogo privato” di Marco Missiroli, quasi un evento letterario che però all’inizio non mi ha sollecitato grandi entusiasmi, per il tono un po’ saccente nella continua esibizione di titoli che fanno parte della biblioteca personale del protagonista: un romanzo di formazione sull’educazione sentimental-sessuale (soprattutto sessuale) e libresca del dapprima giovanissimo Libero Marsell, poi giovane, poi giovane adulto, che racconta la sua vita tra l’Italia e la Francia, in una famiglia smembrata ma sempre presente. A un certo punto però ha iniziato a prendermi e alla fine le stelline assegnate su Goodreads sono state ben 5. La copertina, davvero brutta, non rende onore al romanzo: anche l’occhio vuole la sua parte e il sedere che dovevano fotografare probabilmente potevano sceglierlo meglio, a meno che non si sia voluto proprio così, bello piatto.
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La monaca" di Simonetta Agnello Hornby: è la storia di Agata, una fanciulla costretta alla monacazione come spesso accadeva nelle migliori famiglie, specie se cadevano in disgrazia, ambientata nella prima metà dell’Ottocento, in piena epoca risorgimentale, tra la Sicilia e Napoli. Supportata da rigorose indagini storiche, la Agnello Hornby ha scritto una storia d’amore e di umanità davvero coinvolgente, che consiglio fortemente.
“L’altra” di Elvira Serra: se, come recita il famoso e oltre misura citato incipit di "Anna Karenina", tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro e le infelici lo sono a loro modo, anche le relazioni extraconiugali presentano delle caratteristiche universali, dei denominatori comuni, delle coincidenze non determinate dal caso.Ne parla in maniera lucida, spietatamente reale -e spesso in tono ironico-, Elvira Serra, che ha deciso di affidare a "L'altra" la sua storia. Che poi è la storia di tante 'Altre', delle quali non si tiene mai conto, quando si fanno considerazioni generali su adulterio, relazioni clandestine e dintorni.
Deprimente, anche se illuminante (e con lieto fine, inaspettato e immagino eccezione alla regola). Merita una lettura.
“L’uomo dei cerchi azzurri” di Fred Vargas: ho scoperto Vargas. E soprattutto ho scoperto il commissario Adamsberg, l'ennesimo poliziotto affascinante nel suo essere scontroso, pensieroso e pensatore senza metodo ma dalle intuizioni fulminee, trasandato (fintamente, studiatamente), non bello e bellissimo al tempo stesso.
Diventerà la mia prossima mania, anzi lo è già.
Questo è il primo romanzo della serie che Fred Vargas, archeologa e medievista francese, ha dedicato ai casi del commissario Jean-Baptiste Adamsberg. Sono undici romanzi, pubblicati in Italia da Einaudi (forse non tutti, credo che ne manchi uno, pubblicato in Francia con il titolo "Salut et libertè").
"Mnemotecniche e rebus" di Umberto Eco: un excursus storico sulle tecniche più industriose adottate fin da tempi più remoti, per arrivare al rimedio personale del semiologo, filosofo e scrittore Eco, per uscire da qualche situazione di imbarazzo nelle occasioni in cui deve tenere discorsi in inglese e ha bisogno di un aiutino...
Gustosissimi i rebus presentati.
Lettura amena e istruttiva.

Chiudo questo post con i doverosi ringraziamenti:
- a Maria Di Biase e a tutto il gruppo di lettura Scrachtmade, vero e proprio supporto per le letture più ambiziose che potevo fare,
- a Erika Pucci e Alessandro Pigoni con i quali ho promosso i progetti di lettura di "Sillabari"  di Goffredo Parise"Biglietti agli amici" di Pier Vittorio Tondelli su Twitter, sotto l’egida di TwLetteratura,
- alla stessa TwLetteratura (e i suoi quattro moschettieri, Edoardo Montenegro con il quale mi sono continuamente confrontata, Paolo Costa, Pierluigi Vaccaneo e Iuri Moscardi) che mi ha supportato facendo proprio il percorso di #NidiDiRagno, durante il quale con le scuole abbiamo letto e riscritto il primo romanzo di Italo Calvino,
- al salotto letterario che frequento mensilmente: a turno si propone un libro per la lettura successiva e nell’occasione si ospita a casa propria tutto il gruppo (una quindicina di persone): la serata si conclude con una cena a tema, ispirata dal libro letto,
- ai molti amici lettori che mi hanno dato buone dritte.

Il 2016 si aprirà con #LeggoNobel, il progetto di lettura dedicato agli scrittori che hanno vinto il Nobel per la Letteratura, ideato con Valentina Accardi del blog "La Biblioteca di Babele": si comincia l’11 gennaio con “Il libro della giungla” di Rudyard Kipling.
Seguiteci, ve ne faremo leggere di belli!

domenica 27 dicembre 2015

#PLPL2015 e quello che mi è rimasto


Mi perdoneranno i miei venti lettori fissi per il lungo silenzio, ma dicembre è stato un mese difficile durante il quale, pur continuando a leggere tantissimo, il blog è stato la mia ultima preoccupazione.
A ciò si aggiunga una profonda crisi di identità sul web e molti interrogativi sul mondo dei bookblogger che mi sono posta all’indomani dell’annuale visita alla fiera della piccola e media editoria di Roma, PiùLibriPiùLiberi. Così sono rimasta in silenzio a meditare su come continuare la mia avventura qui, ma soprattutto se e perché farlo: ho deciso di prendermela un po’ calma, di non entrare nel delirio dell’esserci a tutti i costi e soprattutto di non definirmi una bookblogger, anche se parlo di libri.
Diciamo subito che, rispetto all’entusiasmo che mi accompagnava lo scorso anno, stavolta ho partecipato da acquirente e spettatrice di Più Libri Più Liberi con uno spirito molto diverso, dovuto probabilmente ad uno stato d’animo non sereno: non nascondo che alla vigilia della partenza ero molto indecisa se affrontare il viaggio e il tour de force che mi aspettava, a convincermi è stato il pensiero di di poter trovare libri che sono spesso dimenticati dalla grande diffusione, di poter incontrare gli amici del gruppo di lettura Scratchmade con cui ho condiviso la lettura de "I fratelli Karamazov" e grazie al quale i russi non mi spaventano più, di poter scegliere presentazioni di libri e situazioni altrimenti irraggiungibili per me che vivo un po’ fuori mano dalle direttrici dei grandi eventi culturali (e non venitemi a raccontarmi la favola del villaggio globale e dei confini che non esistono più: la periferia italiana resta periferia, sotto molti punti di vista e devo ancora capire come funzionano i circuiti organizzativi degli editori quando devono promuovere un libro e il suo autore).
Photo Elena Tamborrino
Ma vengo al sodo e come lo scorso anno presento la mia rassegna degli acquisti, per casa editrice, in rigoroso ordine alfabetico. Quest’anno ho comprato molti più libri dello scorso anno e in maniera più mirata, senza condizionamenti, ma -nella maggior parte dei casi- sapendo già cosa volevo portarmi a casa. E quindi…
Ricordavo che Avagliano Editore promuove la campagna per salvare i libri dal macero, mettendo in vendita a prezzi più che stracciati libri fuori catalogo che altrimenti sarebbero destinati alla distruzione. Era impossibile lasciarsi sfuggire l’occasione di trovare titoli inconsueti e infatti ho avuto ragione: con me ho portato via “Sulle lagune” di Giovanni Verga, terzo romanzo della produzione giovanile dello scrittore siciliano, prima della svolta verista e di ispirazione patriottico-risorgimentale (lo leggerò mai? Non lo so, ma intanto mi sembrava uno spreco lasciarlo in quello scatolone) e “Italo Calvino newyorkese”, Atti del colloquio internazionale “Future perfect: Italo Calvino and the Reinvention of the Literature” (New York University, Ner York City 12-13 aprile 1999), a cura di Anna Botta e Domenico Scarpa, che per un amante di Calvino come sono io rappresenta un testo davvero prezioso per scoprire gli aspetti più profondi di quel suo certo modo di vivere la letteratura.
Edizioni e/o: allo stand F04 sono arrivata mirata, per acquistare l’ultimo romanzo di Piergiorgio Pulixi, “Per sempre”, ultimo atto delle storie di Biagio Mazzeo, capo di una banda di poliziotti corrotti. Oltre all’acquisto, è stato importante assistere all’incontro in sala Diamante il 5 dicembre con gli autori del collettivo Sabot/age, Luigi Romolo Carrino e Piergiorgio Pulixi, con Paolo Foschi e Massimo Carlotto: una bella occasione per sentir parlare di una letteratura poliziesca inconsueta nei temi e nei modi. Avrò modo di parlare di Biagio Mazzeo e della sua ultima avventura più in là.
Mattioli 1885: la vision e la mission del gruppo Mattioli 1885, erano votate, all’inizio dell’avventura dell’azienda, alla comunicazione e alla formazione in ambito scientifico, correlate alla creazione di eventi; dal 2004 Mattioli 1885 ha allargato i suoi orizzonti al campo editoriale, che spazia dalla narrativa alla saggistica. Books è la divisione che si occupa di editoria per il grande pubblico, con una particolare predilezione per testi classici un po’ di nicchia e per le opere meno conosciute di autori della tradizione come Twain, Stevenson o Dickens. La veste grafica della collana Experience Light di Mattioli 1885 è molto accattivante: piccole dimensioni, linea essenziale, colori pastello. Da loro, dopo aver apprezzato qualche tempo fa “Non è che non mi piacciano gli uomini” della suffragetta Rebecca West (letto prima di aprire questo blog, ecco perché non ne ho parlato qui), ho comprato “Prima di sposarti ero molto più in forma” di Ring Lardner: ve ne parlerò presto, conto di leggerlo a breve.
minimum fax: Nicola Lagioia, ultimo vincitore del Premio Strega con “La ferocia” (che non ho ancora letto) sembra essere un autore molto controverso e discusso. Questo è l’unico motivo per cui, confesso, ho comprato il suo “Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi)”: anzi diciamo che l’ho comprato per lui, per conoscerne la scrittura, e per Tolstoj, del quale devo capire perché bisognerebbe sbarazzarsi (e con la certezza che il titolo sia provocatorio). Vi saprò dire.
Da NNEditore sono andata per comprare “Panorama” di Tommaso Pincio, vincitore del Premio Sinbad 2015, sezione opere italiane. Poi, siccome sono gentili e siccome c’era il kit del lettore se si acquistavano due libri (cose da fiera, che fanno vendere, oltre allo sconto) ho preso “Bella era bella, morta era morta” di Rosa Mogliasso e, anche se il terzo libro non ero obbligata a prenderlo per avere il famoso kit (borsetta in tela, matita personalizzata, block notes), ho comprato “La resistenza del maschio” di Elisabetta Bucciarelli. Il tutto nella collana “ViceVersa”, libri che “sono tessere che formano un disegno da usare a piacere: come uno specchio, una traccia, un catalogo di storie che partono da un vizio o una virtù e arrivano dove il racconto li conduce.”: anche di questi, abbiate fede, scriverò.
nottetempo: una casa editrice di cui posseggo diversi libri. Questo “Ovunque, progettici” di Elisa Ruotolo lo inseguivo da un po’, dopo averne letto su libri.tempoxme.it, ma poi succede che ci si distragga da ciò che si desidera leggere, si viene presi da altro e non si pensa più a quel titolo tanto cercato finché quasi per caso non ci ricapita sotto gli occhi: è quello che mi è successo a Roma, dove tra l’altro mi hanno applicato uno sconto davvero interessante.
Chi invece sconti in fiera non ne fa è SUR, di cui ho comprato a prezzo pieno “Purgatorio” di Tomás Eloy Martínez, che già conoscevo per aver letto molti anni fa “Santa Evita”, vita morte e miracoli di Eva Duarte Peron, e l’ultra pubblicizzato “Carne viva” di Merrit Tierce, di cui ho assistito alla presentazione condotta dalla sua traduttrice, nonché editrice, Martina Testa. SUR vende, perché ha belle collane e buoni titoli, evidentemente non ha preoccupazioni di mercato: ma in una fiera fa bene anche conquistare il lettore che arriva a Roma con il suo gruzzoletto da spendere ed è contento se porta via tanti libri, pensando di aver fatto degli affari. Spero che cambino politica di vendita, altrimenti la prossima volta prenderò nota e comprerò i loro libri su qualche store online come IBS o Amazon, che almeno garantiscono lo sconto del 15%.

Come sempre PiùLibriPiùLiberi è stato sfiancante e totalizzante: tanti libri, molta gente, confusione, file per assistere alle presentazioni (almeno alcune), caldo asfissiante (occorre vestirsi adeguatamente, tenendo conto che poi dal Palazzo dei Congressi si deve uscire e fuori non c’è la stessa temperatura equatoriale di dentro). Però è bello vedere tanti espositori che hanno il coraggio, sia pure piccoli e poco spinti da quella pubblicità che muove le vendite in modo significativo, di andare avanti con entusiasmo, serietà e cura per il prodotto finale.
Roma, forse ci vedremo anche il prossimo anno, anche perché stavolta oltre ad andare a PiùLibriPiùLiberi ho potuto vedere la mostra di Henry Moore al Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano e mi sono fatta un giro alle baracchine dei libri di Piazza della Repubblica, dove ho fatto altri buoni affari.

martedì 8 dicembre 2015

Ultima lettura: "Per amore solo per amore" di Pasquale Festa Campanile


Per amore solo per amore

Autore: Festa Campanile Pasquale
Dati: 1983, 208 p., brossura; eBook con DRM 0,26 MB (Bompiani 2013)
Editore: Bompiani (collana I grandi tascabili)

Giuseppe si chinò su di lei e disse:
“Come sei bella, mia amata, mia colomba
che ti nascondi in un anfratto della roccia…”

Pasquale Festa Campanile è stato un regista e sceneggiatore molto prolifico, che nonostante la morte sopraggiunta in età ancora attiva (muore a Roma nel 1986 a neanche sessanta anni) ha lasciato molti titoli, soprattutto di commedie all’italiana. Meno produttiva sul piano numerico la sua attività di romanziere, che include solo otto romanzi, molti dei quali divenuti a loro volta film di buon successo.
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Premiato con il Campiello nel 1984, “Per amore solo per amore” è una delle storie più belle scritte, a mio parere, da Festa Campanile: è la storia di un giovane falegname, Giuseppe di Galilea, molto buono, bello e desiderato tanto da provocare la gelosia dei due fratelli Manasse e Zebulon e costringere il loro padre Giacobbe a dargli il suo e farlo partire per la sua strada, in modo da crearsi una vita lontano da Betlemme. A raccontare la storia di Giuseppe è Socrates, l’uomo che diventerà il suo servo, garzone di bottega, aiutante e consigliere, un amico fedele che accompagnerà il giovane nel corso della sua intera esistenza e sarà il testimone della sua vita sacrificata a un amore totale e inspiegabile, quello per Maria.
Prima di incontrare la piccola Maria a Nazareth, dove Socrates e il suo padrone sono arrivati, non senza aver vissuto qualche peripezia, e dove hanno deciso di fermarsi e metter su bottega, Giuseppe è stato un giovane molto ambito che però sapeva il fatto suo, stava attento a non dare troppa confidenza per evitare di rimanere incastrato da qualche ragazza che non nascondeva la sua ammirazione per lui e si lasciava sedurre solo dalle vedove, che non appartenevano a nessuno ed essendo libere gli consentivamo di non infrangere le leggi di Mosè. Ma a Nazareth il giovane falegname conosce Maria, che è ancora una bambina, destinata poi a diventare una bellissima ragazza che lui, che si era sempre dichiarato contrario al matrimonio potendo godere della disponibilità delle vedove più desiderate, vorrà sposare: questo cambierà tutta la sua esistenza, perché inspiegabilmente la ragazza, che tanto lo ama e che lui ricambia con passione, lo costringe ad un matrimonio bianco, che sarà fonte di sofferenza continua per il giovane uomo che avrebbe potuto scegliere e avere le donne più appassionate tra le sue braccia. Giuseppe accetta di sposare Maria, nonostante la ragazza sia visibilmente incinta: ma di chi, visto che lui non l’aveva mai toccata, rispettoso com’era delle leggi che lo vietavano? Questa sarà la domanda che tormenterà il falegname per tutta la vita, che lo costringerà a cercare consolazione nel vino e che sarà motivo di turbamento, nonostante il suo amore per la giovane moglie non sia scalfito nemmeno per un momento dal sospetto che lei gli sia stata infedele. Il figlio che nascerà durante il loro viaggio verso Betlemme, dove lui deve recarsi per un censimento ordinato dal re Erode e dove lei ostinatamente vorrà seguirlo nonostante la gravidanza avanzata, sarà un ragazzino come tanti, monello e un po’ impertinente (o almeno così appare al padre –ché tale Giuseppe si sente per lui, nonostante Gesù non gli sia figlio carnale-), che sviluppa un rapporto speciale con la madre, tanto da suscitare qualche gelosia in Giuseppe, che spesso si sente escluso dalla complicità che lega madre e figlio.
Lontano da qualsiasi concessione al mistero cristiano della concezione di Gesù, senza accordare il suo racconto al mito, Festa Campanile narra la storia di un uomo qualunque, cui tocca vivere una vicenda dai risvolti inaspettati: Giuseppe pensava ad una vita tranquilla, accanto alla donna che ha scelto e di cui è innamorato, nella sua bottega di falegname apprezzato per perizia e creatività e invece gli tocca in sorte una moglie che gli negherà il talamo nuziale, dopo essere stata forse vittima di una violenza sessuale il cui frutto è un ragazzino che gli darà non poche preoccupazioni. Una vita quasi banale se non fosse per il grande sacrificio che Giuseppe sceglie di compiere, solo per amore: tenersi una moglie che avrebbe potuto ripudiare, per rifarsi una vita ‘normale’. L’eccezionalità della storia che lo scrittore racconta è tutta qui, nella straordinaria personalità di Giuseppe, l’uomo qualunque al quale la storia cristiana ufficiale, quella narrata dai Vangeli, darà uno spazio molto marginale.
La scrittura di Festa Campanile, piana e gradevole, regala momenti di grande commozione che si alternano a pagine divertenti che strappano il sorriso. Particolarmente divertenti sono le pagine dedicate al “giro del cane”, l’usanza che i giovani e le giovani a Nazareth usavano di girare in circolo e in senso contrario (i maschi per un verso, le ragazze in senso inverso) per potersi vedere in faccia e in qualche modo conoscersi, così come toccanti sono i brani in cui Giuseppe e Maria si dichiarano reciprocamente l’amore, richiamando le parole del Cantico Dei Cantici, uno dei testi biblici più evocativi e insoliti, scritto in forma dialogica e attribuito al re Salomone.
Ho riletto questo romanzo, che avevo letto alla sua prima apparizione, conservandone un ricordo piacevole: lo ritrovo oltre trent’anni dopo, in occasione di un salotto letterario (e sono grata a chi lo ha proposto, altrimenti non credo che mi sarebbe capitato di rileggerlo), con la stessa freschezza che mi aveva già colpito. Purtroppo oggi è fuori catalogo; nonostante il sito di Bompiani indichi ancora gli store online dove acquistarlo, il libro risulta non disponibile. Nel 2013 lo stesso editore realizza la versione in e-book, che al momento è l’unica reperibile.
“Per amore solo per amore”, dieci anni dopo la sua pubblicazione, diventa un film, con la regia di Giovanni Veronesi, interpretato da un credibile Diego Abatantuono nella parte di Giuseppe e da una giovanissima Penelope Cruz nella parte di Maria di Nazareth.
Cercatelo, anche in edizione digitale o nei canali dei libri usati: è una lettura coinvolgente, che scorre veloce e lascia un’intensa emozione e una profonda compassione verso il protagonista.

giovedì 3 dicembre 2015

La forza del fungo


Lo so, sono prepotente.
Ma se non lo fossi, non vincerei la forza della Natura, o meglio la forza della Natura, che poi è anche la mia forza, sarebbe il mio primo nemico.
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Perché dobbiamo intenderci: io sono forte, ma anche il terreno da cui esco è forte, forse più forte di me.
Ed entrambi siamo figli della Natura, la stessa forza è stata distribuita a me e a lui, solo che da questo periodo fino a primavera quasi, tra noi sarà un braccio di ferro estenuante.
Da cui io, come si vede, esco vittorioso.
Certo, a volte mi viene facile: sottobosco soffice, foglie e muschio, odore forte di umido misto a terra e resina e verde. Sì, perché anche i colori hanno un odore e sono un odore.
Altre volte, come stavolta che sono spuntato sotto un albero di ulivo, devo esplodere in alto per uscire e la crosta della terra è dura e arida e secca, in una parola: faticosa.
Ma che ve ne pare di questo mio cappello che, liberato dal velo di protezione, si è arcuato a raccogliere i raggi del sole, come una grande ciotola? Sì, perché i raggi del sole sono anche liquidi ed io li posso contenere.
Sotto, mille e mille –si fa per dire, non so contare- sottilissime lamelle, anche loro fragili all’apparenza.
Invece no: tenero, profumato e irresistibile, ce l’ho fatta anche stavolta.
Prepotente, si diceva. Ma se non fosse così?
Non voglio pensare alla possibilità di essere raccolto, non so nemmeno se sono buono da mangiare, a dire il vero, su questa faccenda non sono molto informato e preferisco non approfondire.
Ma ho visto che chi passa da queste parti, si avvicina con cautela, mi osserva girandomi intorno, si china fino quasi a sfiorare con la guancia il terreno, dice che sono bello e poi lentamente si allontana, come se il rumore e il movimento intorno potessero disturbarmi.
Ecco, io vivrei sempre così. Almeno finché dura, fatemi stare così.