mercoledì 20 maggio 2015

Ultima lettura: "Una storia semplice" di Leonardo Sciascia


Una storia semplice

Autore: Sciascia Leonardo
Dati: 1989, 66 p., brossura
Editore: Adelphi (collana Piccola biblioteca Adelphi)

Così, tornando in città, il colonnello dei carabinieri
 seppe dal suo brigadiere quel che ci voleva
per rendere il caso più complicato
di quanto il questore desiderasse.

Ci sono libri e autori che tornano. A volte per puro caso, come è per me in questo periodo con Leonardo Sciascia, letto da ragazzina nei suoi titoli forse più famosi e popolari “Il giorno della civetta” e “A ciascuno il suo” e successivamente ogni volta che una sua uscita si annunciava come novità irrinunciabile e fino al suo ultimo romanzo “Una storia semplice”.
Photo Elena Tamborrino
In quest’anno scolastico ho pensato che fosse importante per i miei alunni conoscere un autore che difficilmente si incontra nel curricolo di Letteratura dell’ultimo anno delle superiori: il tempo è poco, a volte gli argomenti che si trattano in classe seguono direzioni prestabilite da una tradizione scolastica che però, confesso, a me piace violare. Ed è quello che ho fatto decidendo che il modo migliore per affrontare lo studio di uno scrittore -Sciascia nel nostro caso- fosse partire dai suoi libri, e in particolare “Il giorno della civetta”, primo romanzo che ha il grande merito di aver fatto parlare di mafia in un’opera di intrattenimento, e “Todo modo”, breve romanzo in cui i forti poteri, politico e religioso, si intrecciano in una storia torbida di omicidi e segreti, quasi premonitore di una stagione di ipocriti intrighi che di lì a breve (il romanzo uscì nel 1974), l’Italia avrebbe conosciuto.
Sulla scorta di queste riletture fatte con i miei ragazzi e a seguito di un documentario di Rai Storia per la serie Italiani diretta da Paolo Mieli, "Se la memoria ha futuro", mi è venuta la voglia di tornare su Sciascia, di rileggere la sua opera che forse da giovanissima non ero in grado di comprendere a fondo, di riflettere sul suo impegno artistico e civile. Il documentario, attraverso gli interventi di Roberto Andò, Matteo Collura e Giancarlo De Cataldo, ripercorre la formazione di Sciascia, a partire dalla letteratura francese dall’Illuminismo di Diderot al Naturalismo di Zola, da Manzoni -che pure è cultura francese (“I Promessi sposi” secondo Sciascia non è un libro consolatorio ma disperato e cominciano con una vera e propria intimidazione mafiosa, «Questo matrimonio non s’ha da fare!»)- fino a Pirandello (scrittore della realtà al modo di Pasolini, secondo Sciascia, non realistico), da cui ha tratto la suggestione di sentirsi sempre uno, nessuno e centomila dopo averne letto un’opera.
Dopo i romanzi (ri)letti con i miei alunni, ho cercato quindi nella mia libreria gli altri romanzi e sono partita da "Una storia semplice", letto nell’arco di un pomeriggio trascorso anche troppo velocemente.
Questa è una storia complicatissima, a dispetto del titolo, un giallo ambientato in Sicilia, con sfondo di mafia e droga che però non sono mai citate nel romanzo, ma la cui presenza è prepotente, insieme all’inganno, al sospetto, alla lucida intelligenza di un brigadiere che risolve il caso di un apparente suicidio, trovandone le incongruenze, fino a un epilogo coerente con il clima omertoso che attraversa tutta la vicenda.
La storia è semplice per come è raccontata, lo stile di Sciascia, essenziale e prezioso allo stesso tempo, pulito e puntuale, accompagna il lettore verso lo svelamento di una vicenda di insabbiamenti, negligenze investigative non casuali, battaglie contro i mulini a vento combattute dai (pochi) personaggi positivi (qui il brigadiere, ne “Il giorno della civetta” il capitano Bellodi). Anche questo è un romanzo di denuncia, un romanzo che obbligava e obbliga ancora oggi, a farsi delle domande, a interrogarsi sul male e sui misteri che avvelenano il nostro Paese. E il Paese non è solo l’Italia, ma la Terra, quell’atomo opaco del male di cui parlava Pascoli. Il suo testamento spirituale, da ‘pensatore eretico’ e illuminista quale si considerava, nonostante l’ipotizzata conversione religiosa, è contenuta in queste parole, che lo scrittore ha lasciato alla famiglia: Ho deciso di farmi scrivere sulla tomba qualcosa di meno personale e di più ameno, e precisamente questa frase di Villiers de l'Isle-Adam: "Ce ne ricorderemo, di questo pianeta". E così partecipo alla scommessa di Pascal e avverto che una certa attenzione questa terra, questa vita, la meritano.

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