martedì 31 marzo 2015

Ultima lettura: "Lacci" di Domenico Starnone


Lacci

Autore: Starnone Domenico
Dati: 2014, 133 p., rilegato
Editore: Einaudi (collana Narrativa)

C’è una distanza che conta più dei chilometri
e forse degli anni luce,
è la distanza dei cambiamenti

Vanda e Aldo sono una coppia come chissà quante, di quelle che durante un lungo matrimonio passano periodi anche lunghi di buio, anticipati da incomprensioni, infelicità e infine incomunicabilità (tutte cose  che iniziano per in-) e che, nonostante tutto, finiscono con il ritrovarsi, non per autentico desiderio, ma per una serie di motivi che sono per lo più di convenienza sociale, di comodità, di bisogno di mettere a tacere i mai e mal sopiti sensi di colpa.
Il romanzo è diviso in tre parti fortemente asimmetriche: il libro primo raccoglie le lettere che la donna ha scritto al marito all’indomani del di lui abbandono. Sono lettere dure in cui Vanda rinfaccia ad Aldo la delusione, i sacrifici, le necessità familiari a cui lei ora da sola deve far fronte, visto il presunto disinteresse di lui, perso dietro una donna più giovane, Lidia. Nel libro secondo, che occupa il corpo centrale del racconto è Aldo a narrare in prima persona la storia del suo fallimento matrimoniale; quel disinteresse anche verso i figli che Vanda gli rimprovera nelle lettere è in realtà incapacità da parte dell’uomo di gestire una situazione che è fuori da ogni suo controllo. Vanda invece, nonostante i rancore e il dolore, riesce a mantenere la padronanza di sé, umiliando anche a distanza l’ex marito.
Photo HelenTambo on Instagram
L’occasione del lungo racconto di Aldo è data da un furto che si consuma nella casa della coppia che, tornata insieme dopo un periodo di separazione e ormai anziana, si trova in vacanza in Puglia: al rientro troveranno la casa messa a soqquadro dai ladri e nel mettere faticosamente a posto oggetti e pezzi di vita, Aldo ritroverà le lettere della moglie e ripercorrerà in un lungo flashback la loro storia di coppia e soprattutto la sua storia di uomo.
Nel libro terzo, che poi è l’ultima parte del libro, c’è il breve epilogo, in cui i protagonisti sono i due figli della coppia, Anna e Sandro, ormai adulti profondamente segnati dal rapporto con i genitori: una conclusione amara e bizzarra scioglie al lettore quei dubbi che invece ai due principali attori della storia, Aldo e Vanda, non verranno mai svelati, il che rende il lettore quasi complice di Anna e Sandro.
A una cinquantina di pagine i caratteri dei protagonisti sembrano molto chiari e l’impressione non si smentisce andando avanti nella lettura.
Ho avuto all’inizio come dei déjà vu, mi è tornato in mente "I giorni dell'abbandono" di Elena Ferrante, letto moltissimi anni fa. Associano proprio per questo nome di Starnone a quello della Ferrante? Che dietro l’identità segreta di Elena Ferrante possa esserci Anita Raja, che di Starnone è la moglie, è una supposizione che a mio parere è alimentata forse solo dal fatto che in tempi diversi Ferrante e Starnone abbiano scritto quasi la stessa storia, cioè quella di un abbandono coniugale, sia pure con epiloghi diversi. Tuttavia questa prima impressione ha presto lasciato spazio all’interesse crescente nei confronti della storia di Aldo, più che di Vanda.
È un libro triste, che racconta una vicenda dolorosa perché soprattutto fatta di impotenza e rassegnazione, di incapacità di governare la vita secondo i più autentici desideri. È la storia di un accomodamento, in cui il gioco delle parti si consuma in modo duro sia nella condanna da parte di Vanda –forte, precisina-, che nell’accettazione della stessa pena da parte di Aldo, uomo senza grande carattere. Nonostante questa sofferenza, percepita in ogni pagina, il romanzo mi è piaciuto, forse perché l’ho sentito spietatamente autentico.
E i lacci del titolo? Sandro dice che ha imparato ad allacciarsi le stringhe delle scarpe (nel modo strano che gli rimprovera la sorella) dal loro papà, che però non ricorda e che pure si allaccia in effetti le scarpe allo stesso modo del figlio; ma i lacci sono soprattutto quelli  invisibili con cui Aldo e Vanda “si sono torturati reciprocamente tutta la vita”, quelli che li hanno tenuti legati e che, metaforicamente annodati tra loro come nell’immagine di copertina, hanno impedito all’uomo di allungare definitivamente il passo, e anzi lo hanno fatto cadere per sempre.

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