giovedì 25 settembre 2014

Ultima lettura: "I Ciclonauti" di Piero Sansò


I Ciclonauti

Autore: Sansò Piero
Dati: 2014, 135 p., brossura
Editore: I Sognatori Factory Editoriale (collana I castelli invisibili)

La sera mi spaventa, a volte.


Questa storia finisce male, anzi malissimo. Con tre morti secchi, a nemmeno tre pagine dall’inizio. Tre morti secchi che sono anche i protagonisti di questa fiaba surreale, tra fantasy e mistero, che è un viaggio onirico ai confini del tempo e dello spazio, da percorrere rigorosamente in bicicletta. A partire dalla morte del glottologo Prof. Cornelius, del geologo Prof. Paoli, e di Piero Panizza, eccentrico grafico pubblicitario, in un lungo flash back si ricostruisce la vicenda che ha portato alle morti cruente dei tre “Ciclisti di Hofmann”.
Photo Elena Tamborrino
E chi sono i “Ciclisti di Hofmann”, o Ciclonauti? Sono (anzi, erano) una setta segreta di ciclisti, la cui struttura organizzativa e gli scopi erano sconosciuti (altrimenti che setta segreta sarebbe stata?), di cui si sospettava uno stretto legame con la presenza nel Salento di dolmen e menhir, costruzioni megalitiche che si erano autodistrutte misteriosamente e all’improvviso nel giro di una notte, la stessa della morte dei tre Ciclonauti.
Tutta la storia ruota intorno alla scoperta sensazionale fatta dai due studiosi Cornelius e Paoli: i dolmen e i menhir sono centri che assorbono energia e la rilasciano a chi li tocca, non sempre con conseguenze positive, per usare un eufemismo. A Panizza, detto anche e non a caso P. Pan, il compito di indagare sul come e sul perché. Le ricerche del grafico si snoderanno tra passaggi trasfigurati e inspiegabili, lungo le linee della Grande Griglia (una mappa dell’Europa in cui sono evidenziati i luoghi dove si sono verificati fatti soprannaturali) e attraverso gli Accessi (le illuminazioni lisergiche): in questo viaggio le coordinate spazio-temporali sono destinate a saltare, le leggi della natura a essere sovvertite, le esperienze allucinatorie a fare da perno intorno al quale P. Pan, in sella al suo destriero di ferro, ruota incontrando personaggi improbabili che popolano sogni invivibili. Gli spostamenti sono repentini, non solo da uno spazio all’altro, da un’epoca all’altra, ma anche da una dimensione a un’altra, quella onirica da cui si entra e si esce senza soluzione di continuità.
Photo Elena Tamborrino
In questa continua allucinazione, che in parte mi ha ricordato il sogno di Alice nel Paese delle Meraviglie per le situazioni e i dialoghi surreali, il lettore si trova coinvolto suo malgrado: perché anche se oppone resistenza e vuole capire e prende appunti e fa avanti e indietro tra le pagine, l’unico modo per gustare l’esperienza è lasciarsi trascinare dalla prosa di Piero Sansò, dalle sue visioni, dalle sue invenzioni, senza chiedersi nulla. Ciò che più sorprende di questa trovata narrativa (non so definirla diversamente) è che se da una parte è ispirata dalla più sfrenata fantasia, dall’altra è ancorata fortemente alla terra, fisicamente, come solo le due ruote di una bicicletta e i ciclisti appassionati possono essere: trovare la sintesi perfetta tra realtà e sogno è la chiave di volta della scrittura di Sansò.
L’ho appena finito... sto ancora pedalando... ma verso dove? E venendo da dove? Lo spazio (forse) è circolare... E il tempo pure, fatto di cicli, ore, attimini e tocchi. 

NB: per scelta editoriale, questo libro lo trovate alle presentazioni oppure qui.


venerdì 5 settembre 2014

Sul comodino: "Tentativi di botanica degli affetti" di Beatrice Masini


Tentativi di botanica degli affetti

Autore: Masini Beatrice
Dati: 2013, p. 324, brossura; ePub con DRM 2,9 MB
Editore: Bompiani (collana Narratori italiani)

È così che nasce la poesia? vorrebbe chiedergli Bianca, incuriosita.
Una catena di pensieri, e poi improvvise o premeditate
ecco sgorgare le parole perfette,
quelle che li riempiono, i pensieri, come una mano riempie il guanto,
e premono il cuore e le dita per essere scritte così?

Procedo con molta lentezza: rispetto ai miei soliti ritmi di lettura, “Tentativi di botanica degli affetti” di Beatrice Masini, giornalista, traduttrice, editor, autrice di storie, ha stravolto le mie abitudini. Non è solo perché in questo periodo ho meno tempo per leggere, ma è anche che questo romanzo non si beve d'un fiato. Però ti avvolge: questo credo sia il verbo più adatto per indicare il grado e l’intensità del coinvolgimento che la storia narrata da Masini offre al lettore. Inutile poi dire che mi ha attratto molto il titolo: la botanica degli affetti è la scienza inesatta cara alla protagonista, impegnata a classificare sistematicamente le inclinazioni e i sentimenti altrui.
Photo HelenTambo on Instagram

La vicenda è ambientata ai primi anni dell’Ottocento, nel Regno Lombardo-Veneto, dove la famiglia di don Titta, poeta poco allineato con il regime austriaco, accoglie Bianca, giovane acquarellista, assunta con l’incarico di dipingere il repertorio delle specie botaniche presenti nel parco e nei dintorni della villa di famiglia a Brusuglio. Bianca entra quindi a far parte della famiglia, numerosa e composta non solo da don Titta, sua moglie donna Julie e i loro cinque bambini (o sono sei?), ma anche della madre del poeta, donna Clara, dall’amico Tommaso, anche lui poeta, da Innes, l’istitutore dei bambini e da una miriade di altri personaggi che a vario titolo popolano la grande villa immersa nella brughiera. Tra questi, spiccano Minna e Pia, due servette ancora quasi bambine, dal passato oscuro: delle due, quella che ha una vita densa di segreti è sicuramente la seconda, Pia. Dal poco che Bianca riesce a intuire, il modo in cui Pia viene considerata e trattata in famiglia è ben diverso da quello riservato al resto del personale di servizio: questo è conseguenza del mistero nascosto nelle origini della ragazzina, tolta dal convento di Santa Caterina, dove c’era la ruota a cui si affidavano le sorti dei neonati indesiderati.  Bianca si mette in testa di capire di che si tratta.
Al di là della storia, che andando avanti presumo si farà sempre più interessante, mano a mano che la protagonista procederà con la sua inchiesta e il mistero intorno a Pia si andrà, immagino, sciogliendo (o complicando), è altro che affascina di questo romanzo, già finalista del Premio Campiello 2013. Che Beatrice Masini sia una traduttrice e una editor, forse prima che autrice, si percepisce dalla grande cura che ha per le parole: senza ricorrere a superflui orpelli lessicali, utilizzando una lingua preziosa, ma mai leziosa, e senza andare alla ricerca esasperata di arcaismi inutili, Beatrice Masini scrive in una prosa elegante, contenuta, fortemente evocativa, che non indulge a lirismi. Quando capita un libro così curato, da dove l’amore per la nuda parola si respira pagina dopo pagina, la lettura diventa impegnativa, tendi a vedere le scene, i personaggi, le situazioni e i luoghi con una particolare e intensa attenzione ai dettagli, così come credo voglia l’Autrice per i suoi lettori.
Ho da poco superato la metà del libro, che si divide in due parti più o meno simmetriche e una terza più breve che fa da epilogo, e non credo che lo terminerò molto velocemente; lo sto quasi centellinando, nonostante tratti di un mistero (e quasi per definizione i misteri intrigano e non si fanno mollare facilmente finché non si arriva al finale). Probabilmente avverto un po’ di fatica per la mancanza di suddivisione in capitoli: il racconto si svolge continuo, ogni volta è difficile decidere dove interrompere la lettura, per riprenderla in seguito. Si tratta senza dubbio di una scelta stilistica, mirata a ottenere quale effetto però mi sfugge.
Intanto vi piaccia sapere che questo romanzo merita una lettura, sta a voi decidere il momento giusto: io consiglio di riservare a “Tentativi di botanica degli affetti” qualche domenica uggiosa di quelle che verranno in autunno, più che la stagione estiva che ormai volge al termine. Non è certo, questo, un libro da sotto l’ombrellone.