venerdì 7 marzo 2014

Ultima lettura: "La forza del destino" di Marco Vichi


La forza del destino

Autore: Vichi Marco
Dati: 2011, 370 p., brossura
Editore: Guanda (collana Narratori della Fenice)
 
Photo HelenTambo on Instagram
Il commissario Bordelli è un poliziotto atipico, un investigatore poco incline a rispettare le regole, almeno alcune. Lo abbiamo conosciuto nel primo romanzo a lui dedicato, “Il commissario Bordelli”, in cui si delinea questo personaggio di cinquantenne, ex partigiano, impenitente scapolo spesso sul punto di innamorarsi, non sempre della donna adatta a lui. E con Bordelli conosciamo una serie di personaggi che poi si ritrovano in altre sue indagini raccontate da Vichi: la ex prostituta Rosa, con la quale il commissario intrattiene un’affettuosa e complice amicizia; il Botta, cuoco sopraffino e ladro di rara perizia, specie se alle prese con serrature e affini; Dante, scienziato bizzarro, fratello dell’anziana donna il cui omicidio è al centro della prima indagine di Bordelli; l’agente sardo Piras, scrupoloso, preciso e fedele al suo capo; il dottor Diotivede, medico patologo, presenza costante a margine (e al contempo centrale, grazie alla capacità di offrire spesso spunti indiziari, che portano alla soluzione dei casi) delle inchieste di Bordelli; Totò, cuoco nella trattoria dove spesso il commissario va a mangiare, rifugiandosi nella cucina.
Le vicende poliziesche che vedono protagonista Bordelli si snodano nei primi anni Sessanta a Firenze e arrivano fino al 1967 (almeno finora), con questo romanzo che è la naturale prosecuzione di quello precedente, “Morte a Firenze”, dove si narrano le indagini per la morte violenta di un bambino, al quale il commissario giura di rendere giustizia, assicurando alla legge i colpevoli, sullo sfondo della Firenze alluvionata, nel novembre 1966. Vedremo che proprio in “la forza del destino”, le cose non andranno esattamente così, ma quasi: il commissario, lasciata la polizia per manifesta frustrazione nel sentirsi impotente davanti ai poteri occulti che vogliono insabbiare le sue indagini e lo scoraggiano in tutti i modi a proseguire, sarà più libero di continuare a indagare a suo modo, anche in maniera non ortodossa, sfidando spesso i protocolli giudiziari.
Cosa colpisce in generale dei romanzi di Vichi che hanno il commissario Bordelli come protagonista? Innanzitutto l’atmosfera, la descrizione dei luoghi: in “Morte a Firenze” in particolare, l’alluvione che mette in ginocchio la città è al centro della narrazione, diventa protagonista insieme ai personaggi che danno vita alla storia. Si sente il rumore dell’acqua fangosa che corre per le strade cittadine, si avverte l’odore di melma mescolato a quello delle perdite di combustibile oleoso, il disagio e allo stesso tempo il coraggio della popolazione fiorentina sono illustrati con grande efficacia.
In questo romanzo il paesaggio è quello delle colline circostanti Firenze, dove Bordelli compra una vecchia casa colonica, per il suo buen ritiro: la casa è piuttosto malmessa, ma ha abbastanza terreno intorno da poter occupare il tempo libero dell’ormai ex commissario in nuove attività bucoliche, oltre che alla sua ristrutturazione. Molto del racconto è dedicato alla nuova rete di conoscenze e relazioni che Bordelli costruisce per assicurarsi un soggiorno pacifico, lontano dalla città. Nonostante le apparenze di uomo serafico dedito ai piccoli piaceri della vita, il buon cibo e il buon vino insieme a qualche bella chiacchierata con i vecchi amici, Bordelli cova un’inquietudine che troverà sfogo solo nella ricerca di giustizia per il piccolo Giacomo e per Eleonora, che i lettori hanno conosciuto in “Morte a Firenze”.
Photo HelenTambo on Instagram
Qualche digressione distoglie dal racconto, che per quasi tutto lo svolgimento mantiene un ritmo serrato: mi riferisco in particolare alla riunione a casa di Bordelli, la sera del suo compleanno, in occasione del quale darà saggio delle sue capacità culinarie, educate dal ‘Vangelo secondo il Botta’, ricettario prezioso che il vecchio amico gli procura. In quella serata, gli amici riuniti a turno raccontano aneddoti, richiamando quasi i giovani riuniti anche loro in collina da Boccaccio nel Decameron, a narrar novelle. Si tratta di racconti che, sia pure gradevoli alla lettura, nulla hanno a che fare con l’economia della storia e di cui si fatica a comprendere la funzione narrativa: il lettore si ritrova desideroso che quelle pagine passino veloci, per riprendere il filo della narrazione principale. Ed è così coinvolgente la storia che arriva a concludere quella lasciata in sospeso in “Morte a Firenze”, da creare aspettative per un ulteriore sviluppo, in cui –ad esempio- si possa sapere dove troverà pace il cuore irrequieto di Bordelli.




Nessun commento:

Posta un commento