venerdì 6 dicembre 2013

SapereSapori: li pipirussi siccati e la vigilia dell’Immacolata


Peperoni e zucchine secchi, tagliati a strisce e a fette spesse e lasciati al sole durante i mesi più caldi dell’estate, gli sponzali (una varietà di cipollotti invernali la cui parte verde, le cosiddette code, essenziale) e il concentrato doppio di pomodoro: questi gli ingredienti della peperonata invernale che non mancava nelle tavole dei salentini, nei mesi in cui il prodotto fresco non era disponibile. Una volta era così, si conservavano le verdure estive per il periodo in cui non ce n’era tanta varietà, giacché i prodotti della terra sono da sempre alla base della cucina mediterranea, in territori a spiccata vocazione agricola.
Photo Elena Tamborrino

Oggi i pipirussi siccati sono una pietanza che si conserva e si tramanda per puro amore di tradizione e non è un caso se il suo consumo è concentrato soprattutto il giorno della vigilia della Madonna Immacolata, insieme alla puccia.
Per me, bambina cresciuta al nord che passava solo le vacanze estive dalla nonna, in Salento, anche questa è stata una scoperta golosa, fatta quando in provincia di Lecce sono andata a viverci, estate e inverno.
Gli sponzali (o spunzali), messi a stufare in abbondante olio di oliva per molto tempo, con l’aggiunta di acqua calda qualora si vadano ad asciugare troppo rapidamente (mentre invece è necessaria una cottura prolungata affinché risultino digeribili, restando comunque una bella lotta per gli stomaci delicati), sprigionano un profumo intenso e pungente, che immediatamente inonda la casa. Immagini immediatamente fette fragranti di pane di grano duro, magari cotto nel forno a legna, grondanti di olio rosso, colorato dalla conserva di peperoni piccante e dal concentrato di pomodoro. Un pasto povero una volta, almeno finché la verdura veniva essiccata in famiglia, sfruttando i frutti del proprio orto; oggi una leccornia che è diventata di lusso, poiché essiccare i peperoni e le zucchine richiede un lavoro attento e paziente. Bisogna esporre al sole la verdura nelle ore più calde, disposte distanziate su graticci, e metterle al riparo poco prima del tramonto, avanti che cali l’umidità. E quante corse se scoppia all’improvviso un temporale! Per di più la resa è sempre ridotta rispetto al volume iniziale di verdure fresche. Tuttavia continua ad essere un piatto tradizionale irrinunciabile.

Quando la zia Maria li faceva, era necessario spalancare porte e finestre in casa, creare un minimo vortice di aria che mandasse via quel forte profumo che poi, stagnando, si sarebbe rivelato fastidioso. Dopo averla cotta a lungo e seguendo precise istruzioni (minti li spunzali ne l’ojo -tocca eggi generosa-, intanto faci fferve l’acqua e minti nu pugnu de pipirissussi siccati, li faci bollire per tre minuti, poi aggiungi le cucuzze e spegni: lassa tutto nell’acqua pe’ nu picchi, fintanto nu se mmollane, poi li strizzi e li cali intra li spunzali, aggiungi lu sale, la cunzerva mara e lu concentrato e poi teni pazienza, per la traduzione, guardare la foto), la zia metteva la peperonata in una coppa di porcellana che risaliva alla notte dei tempi, ormai sbeccata e singata (crepata), facente parte di un servizio da tavola della nonna. Quella coppa continua a sopravvivere, ce l’ho io ormai, ci metto i miei pipirussi siccati, quando li faccio per la puccia dell’Immacolata.

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